Recensioni

Alba rock’n’roll sulla Norvegia

Da sempre la Scandinavia, patria del death black metal, ha cercato di pagare dazio alle influenze musicali di generi come il thrash o il rock and roll sotto forma di vari progetti musicali.

Ecco quindi che freschi freschi arrivano questi Chrome Division, band messa in piedi da un certo Shagrath di fama Dimmu Borgir che ha reclutato altri musicisti come il batterista preso in prestito dai Minas Tirith ed il mitico Eddie Guz alla voce, vocalist eccezionale in forza ai The Carburetors. E qui bisogna fare un excursus, fondamentale per capire il perché della band.
Shagrath e gli altri sono grandi fan dei The Carburetors, band di Oslo con due album all’attivo e molte date live in giro per l’Europa, che suona un rock and roll marcio molto simile a quello suonato dai qui recensiti. Proprio questa sorta di “devozione” ha spinto il chitarrista dei Dimmu Borgir a formare la band, reclutando per l’appunto Eddie alla voce quando tutte le altre audizioni sono fallite. Rispetto ai conterranei carburatori i Chrome Division hanno un impatto leggermente più metal ed anche più melodico se vogliamo.
Quel che è certo è che ci troviamo di fronte ad un gran disco che trasuda borchie, giubbotti di pelle , assoli rock, donne mezze nude e occhiali da  sole da tutti i pori per la gioia dei metallari che strizzano l’occhio agli anni gloriosi del rock and roll. Ovviamente si paga tributo ai Motorhead, i ritmi sono gli stessi anche se i suoni sono di gran lunga più puliti. Le song? Tutte di ottimo livello, certo ci sono degli highligths come Serial Killer, di cui la band ha girato anche un video, anzi due per l’esattezza, uno a mo’ di film (che tratta appunto il tema delle uccisioni in serie) e l’altro di classico stampo videoclip.
Ma sono notevoli anche l’inno Chrome Division (Come see us Come hear us, We are the Chrome Division- Come see us Come hear us, We are the Chrome Division), The Angel falls, leggermente più lenta delle altre con dei riff mastodontici, ed anche le ultime due song, We want more dove trovano posto anche delle coriste (delle gran fighe ovviamente) e When the shit hits the fan, due minuti di puro punk rock che conclude alla grande un grandissimo disco.