Recensioni

L’anello debole

Tornano sul mercato discografico anche i legionari nostrani del vero, duro e puro Heavy Metal made in Italy, gli White Skull!

Li aspettavo con curiosità, ma in modo specifico con ansia visti i due precedenti albums, nella fattispecie The XIII Skull che proprio non mi aveva convinto, spento e senza mordente era riuscito ad offuscare la stella della band, da sempre sulla bocca di tutti per le sue cavalcate ricche di melodie arrembanti e terremotanti, che si stampano immediatamente a fuoco nella mente.
Con questo nuovo The Ring Of The Ancients qualcosa si è fortunatamente smosso e può essere considerato il miglior episodio in studio da quando c’è stato il cambio di singer. Gus è sicuramente un ottimo vocalist su questo non ci sono dubbi, ma il fascino grezzo e greve che Federica riusciva ad imprimere alla musica della band è un qualcosa che lo si può purtroppo riesumare solo dal passato. Con questo non voglio dire che siamo dinanzi ad un disco orribile, ma nemmeno ad un cd che possa in qualche maniera avvicinare gli immortali Tales From The North e Public Glory, Secret Agony, dischi caratterizzati da una spiccata e innata energia che tramortiva tutto grazie ad un rifframa di prima qualità, sempre fluido e coinvolgente, caratteristiche che purtroppo latitano nelle ultime produzioni. Dal nuovo album possono sicuramente essere estratte valide testimonianze di passione e coerenza come Valhalla, Head Hunters, From The Mist e la title track, ma è nell’economia generale che viene a mancare qualcosa, manca quella magia carica di atmosfera di un tempo, ho avvertito spesso e (mal) volentieri una sensazione di noia e anonimato nei solchi di The Ring Of The Ancients.
Se ogni tanto qualche buona idea viene alla luce (come le tracce da me elencate poco sopra) è comunque palpabile per la maggioranza dei casi una fastidiosissima sensazione di vuoto creativo, che non fa altro che rendere molto faticoso l’ascolto dell’album in questione, malgrado tutto comunque è stato fatto un leggero passo in avanti rispetto all’immediato ed assolutamente mediocre passato artistico degli White Skull, visto che in linea di massima è presente una maggiore coesione e compatezza sonora. Quello che più non riesce a convincermi è la mancanza di ispirazione che rende le tracce tagliate a metà, si sente che le idee di base ci sono, ma si avverte al contempo una mancata evoluzione di esse che le inchioda ad uno stato embrionale svuotandole della carica che necessiterebbero per esplodere. Ora non me ne voglia la band, ma proprio non riesco a togliermelo dalla testa il periodo d’oro di Federica De Boni, non sto assolutamente dicendo che la colpa sia di Gus, ma è innegabile che ci sia stato un abbassamento qualitativo negli ultimi anni, e non è solo parer mio, visto che dando un’occhiata a qualche intervista è la band stessa a non aver digerito le ultime due produzioni discografiche ammettendolo senza problemi.
Un ultimo appunto riguarda anche la produzione, troppo asciutta e scarna, soprattutto per quanto riguarda la sezione ritmica, i suoni della batteria sono troppo essenziali e poco robusti come dovrebbe, ma questi sono solo dettagli. Dalla sua questo nuovo album ha senza dubbio un concept lirico molto interessante, peccato però che non sia sorretto da una base musicale sviluppata adeguatamente. In definitiva un album appena sufficiente, ma a tratti spento e vuoto, ai fans forse piacerà, a me invece il passato risulta ancora molto ingombrante.